Tutto ciò che ci rende unici è conservato nella nostra memoria, non solo nei “magazzini” della Memoria Esplicita, ovvero la memoria di ciò che si può raccontare, anche “nei magazzini” della Memoria Implicita e, nello specifico, della Memoria del Corpo.
Ecco perché è proprio dal corpo che a volte bisogna partire per poter lavorare, anche dal punto di vista psicologico, con l’obiettivo di raggiungere un maggior benessere globale.
Il corpo spesso si fa portavoce di disagio, di sofferenza, anche di veri e propri disturbi: “accende allarmi” quando è arrivato il momento di porre attenzione al qui ed ora, di vedere ciò che ci crea malessere e di integrare quei significati dell’esperienza esclusi dalla consapevolezza. Ogni sintomo del corpo, ogni manifestazione corporea, è qualcosa di intimo e sconosciuto al contempo, intimo perché ci appartiene, si manifesta attraverso il nostro stesso corpo, sconosciuto perché spesso sfugge ad ogni tentativo di essere compreso.
Questo fattore “perturbante” del sintomo e della manifestazione corporea rende necessario il con-tatto umano, fin dalle origini della vita: il neonato ha bisogno vitale che qualcuno si prenda cura di lui, che risponda ai suoi bisogni in modo qualitativamente adeguato. Egli si serve del corpo per richiedere attenzioni, accudimento e contatto emotivo e, attraverso cure sostanzialmente fisiche, li riceve.
Quando da adulti non ci concediamo il bisogno di essere accuditi, non riconosciamo l’importanza di prenderci cura di noi stessi, quando ci neghiamo la possibilità di esprimere la nostra creatività, a quel punto il corpo può intervenire e darci dei segnali per catturare la nostra attenzione e riportarla su ciò che è necessario al nostro benessere: accogliere e dare risposta ai nostri bisogni autentici.
Il sostegno di un’altra persona significativa, cioè tutte quelle attenzioni mentali e fisiche sufficientemente buone che si possono ricevere grazie alla relazione, è tanto più essenziale e legato alla sopravvivenza e allo stato di salute di ciascun individuo, quanto più precoce è la fase di sviluppo in cui lo stesso si trova; resta comunque un bisogno connaturato nell’uomo lungo tutto l’arco della vita, bisogno che spesso è proprio il corpo a manifestare.
Questa affermazione ci suggerisce quanto sia imprescindibile pensare all’individuo come unità corpo- mente- relazione: oggi sappiamo che esiste una stretta interdipendenza tra Sistema Nervoso- il cervello-, Sistema Endocrino- le emozioni- e Sistema Immunitario – la salute-[2] (Panksepp, 2008). Questa interdipendenza fa si che l’esperienza e il contatto con l’ambiente generino in noi cambiamenti su più livelli, attraverso processi di apprendimento. Le emozioni, elementi presenti ed agenti tanto nella mente quanto nel corpo, sono alla regia di tali processi di apprendimento e fanno si che il contatto con l’ambiente e la qualità delle relazioni che viviamo influenzino il nostro benessere globale (Siegel, 1999). Come?
Se come afferma Kandel (1998,2005) cervello=sistema nervoso=mente, e Sistema Nervoso, Sistema Endocrino e Sistema Immunitario sono interdipendenti (Panksepp, 2008, 2011), ne consegue che tutto ciò che viviamo e che ci emoziona nel bene e nel male, può influenzare la nostra salute.
In sostanza sembrerebbe che il cervello possa essere considerato come un organo mobile e radicato in tutto il corpo (Pert, 2000) e che il benessere globale dell’individuo dipenda in buona parte proprio dalla qualità della vita relazionale dello stesso, in particolare nel primo periodo di sviluppo, in generale lungo tutto l’arco della vita. Perché?
Perché l’esperienza può cambiare la struttura del nostro cervello e alterare di conseguenza le funzioni corporee (Fields, 2012).
La salute, così come la patologia, vanno quindi lette ad un livello corporeo, ad un livello psicologico, sociale e relazionale e ad un livello culturale. Non è possibile scindere mai il trinomio corpo-mente-relazioni e non è possibile decontestualizzarlo.
Nessun livello vitale può essere trascurato nella relazione di cura della persona: ogni paziente porta se stesso con tutta la sua storia di vita, quella che ci racconta e quella che invece “racconta” il suo corpo; tuttavia mentre la storia narrata è soggetta a filtri personali e può non essere fedele all’esperienza originale, la storia che racconta il corpo è autentica:
Il corpo non mente mai, a volte “si ammala” per permetterci di capire che forse è arrivato il momento di prenderci cura di noi stessi, di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle della nostra storia, anche quelli più scomodi, che vorremmo lasciare fuori dalla consapevolezza. Il corpo può suggerirci che c’è qualcosa nelle nostre relazioni che ci causa disagio, sofferenza e in alcune situazioni che ci fa ammalare.
Barbara La Russa- Psicologa, Formatore