Perché mio/a figlio/a si comporta così? Il comportamento di mio/a figlio/a è “una fase” o è espressione di un disagio? Dovrei contattare uno specialista?
Queste domande sono molto frequenti tra i genitori, che spesso, tra dubbi, ansie, paure e momenti di frustrazione, legati al complesso e difficilissimo ruolo genitoriale, carico di responsabilità, si ritrovano a fare i conti con situazioni che li mettono a dura prova per ciò che concerne l’educazione e la relazione con i propri figli.
Capita, anche sovente, che i bambini mettano in atto comportamenti insoliti o “strani”, a volte pericolosi, altre ripetitivi e/o a-finalistici, altre ancora bizzarri e inadeguati a gli occhi dell’adulto. L’adulto che osserva tali comportamenti e che a volte li subisce, può avere difficoltà a capirne le motivazioni e i significati. I genitori, osservando nei loro figli comportamenti ritenuti inadeguati, possono farsi domande, chiedendosi se questi ultimi siano strettamente connessi allo specifico stadio dello sviluppo, dunque riflesso di una fase di crescita, se siano reattivi a qualche cambiamento (per esempio nascita di un fratellino o di una sorellina, traslochi, cambi di scuola) e dunque momentanei o se invece sia il caso di contattare un professionista. Le stesse domande sorgono quando dalla scuola arrivano segnalazioni da parte degli insegnanti di comportamenti disfunzionali e/o problematici.
I nostri comportamenti hanno diverse funzioni e sono sempre orientati a: comunicare qualcosa, rispondere a bisogni, evitare certe situazioni, realizzare desideri, raggiungere obiettivi e ottenere gratificazioni.
Quindi tutti i comportamenti sono orientati all’adattamento, alla comunicazione e al soddisfacimento di bisogni di varia natura. In età evolutiva in particolare il comportamento e i segnali corporei, sono i principali canali attraverso cui i bambini possono esprimere bisogni, disagi, contenuti psichici.
Ma quando un comportamento può essere definito problematico?
Il comportamento del bambino può essere considerato problematico quando:
• E’ rigido, frequente, aumenta di intensità e durata nel tempo
• Interferisce con lo svolgimento di normali azioni quotidiane
• Interferisce con lo svolgimento di attività di piacere
• E’ pericoloso per sé e per gli altri
E inoltre…
• Ostacola l’apprendimento e l’adattamento all’ambiente fisico e relazionale
• Ostacola lo sviluppo di nuove capacità
• Ostacola il mantenimento di capacità già acquisite o porta a regressione
• E’ fonte di sofferenza per il bambino e/o i familiari
Comportamenti Problema in sostanza ostacolano l’adattamento funzionale e lo sviluppo di nuove capacità nonché l’apprendimento in quanto possono comportare per il bambino un sovraccarico psico-fisico non indifferente e possono essere correlati a stati ansiosi, di tensione psicofisica, paura, disagio e angoscia.
Un esempio di CP possono essere le reazioni emotive eccessive in relazione a determinate situazioni, es: crisi di rabbia intense, frequenti e protratte nel tempo, causate da piccole frustrazioni o l’opposizione sistematica, rigida, costante alle richieste dell’adulto oppure ancora la rigidità di certe abitudini e rituali, che sottraggono tempo al gioco, alle attività scolastiche, che interferiscono con le azioni quotidiane.
E’ doveroso sottolineare come determinati comportamenti in alcune fasi dello sviluppo siano assolutamente “fisiologici” e rappresentino per i bambini, un passaggio essenziale per l’evoluzione della personalità e la maturazione di nuove competenze.
Per esempio i “NO” e le crisi di rabbia nel periodo tra l’anno e mezzo e i 3 anni e mezzo sono comportamenti che ci aspettiamo di osservare nei bambini e che con un adeguato contenimento e una sufficientemente buona funzione riflessiva genitoriale, con il tempo si presentano con minore frequenza, modalità più adattive e meno esplosive, minore durata.
Gli stessi comportamenti, quindi di opposizione e provocazione costante e rigida, nonché crisi di rabbia esplosive e difficili da contenere, se messi in atto da un bambino di 8 anni andrebbero “letti e significati” diversamente e richiederebbero un’attenzione diversa proprio perché non in linea con i compiti evolutivi e le competenze richieste in relazione alla fase evolutiva.
Inoltre alcuni comportamenti problematici, come per esempio i comportamenti a-finalistici e i rituali rigidi e immodificabili, sono spesso correlati a disturbi del Neurosviluppo, Neurodivergenze o altre problematiche psicologiche, talvolta non ancora diagnosticate, come Disturbi dello spettro autistico, ADHD, Disturbo Ossessivo Compulsivo. In questi casi è essenziale capire qual’è il funzionamento del bambino.
Altre volte i comportamenti problema sono vere e proprie strategie che i bambini apprendono e mettono in atto per far fronte a difficoltà di comunicazione, disagi emotivi, relazionali, familiari, fonte di grande sofferenza per loro, dunque non sono correlati a Disturbi psicologici o Neurodivergenze.
Se un comportamento problematico viene messo in atto con una certa frequenza, intensità e con una certa durata, è verosimile che abbia portato e porti conseguenze positive e/o un vantaggio secondario a chi lo mette in atto. Capire, principalmente attraverso l’osservazione, qual’è questo vantaggio secondario può essere utile per interrompere i meccanismi involontari di rinforzo e optare per strategie che aiutino il bambino a mettere in atto modalità più funzionali per raggiungere gli stessi obiettivi.
Il CP così come tutti i comportamenti, ha sempre uno scopo, è atto a comunicare qualcosa e rappresenta una modalità di adattamento, seppur disfunzionale (Marco Pontis, 2018). Il CP può dunque avere diverse funzioni: ottenere qualcosa, per esempio attenzioni, evitare qualcosa per esempio un compito, soddisfare un bisogno, comunicare un disagio, autoconsolarsi o autostimolarsi.
In sostanza la funzione del comportamento problema è legata alla situazione, a fattori ambientali e al funzionamento del bambino (Dario Ianes, Sofia Cramerotti, 2002), per tali ragioni il CP deve essere sempre contestualizzato, in quanto non è mai il comportamento in senso stretto ad essere un problema, quanto invece lo è l’effetto che quest’ultimo ha nella complessa interazione del bambino con l’ambiente (Haim Brezis, 1986).
Un’attenta osservazione, in primis da parte dei genitori, del comportamento specifico e delle variabili ambientali e contestuali che caratterizzano gli antecedenti e le conseguenze dello stesso comportamento, è un primo potente strumento per avere indicazioni circa parametri come intensità, frequenza, durata, e può far emergere i bisogni a cui quel determinato comportamento risponde.
Per ciò che concerne i meccanismi di rinforzo e mantenimento dei CP, vi scrivo di seguito due suggestioni:
A – un comportamento che riceve in risposta conseguenze piacevoli ha maggiori probabilità di essere reiterato.
B – un comportamento che riceve una risposta “sgradevole” o che non riceve risposta ha meno probabilità di essere reiterato.
A volte tuttavia può essere difficile capire quale sia il meccanismo di rinforzo, perché anche l’essere sgridati in relazione ad un determinato comportamento può rappresentare paradossalmente un rinforzo, sopratutto se per esempio è “l’unico modo di ricevere attenzioni” dagli adulti di riferimento. L’osservazione dunque è fondamentale e dovrebbe il più possibile essere descrittiva di ciò che accade, evitando interpretazioni, giudizi e aspettative.
In definitiva, se osservate rigidità, una certa frequenza nel manifestarsi dei comportamenti disfunzionali, intensità crescente, calo del funzionamento del bambino, per esempio a livello scolastico ed è evidente che i comportamenti del/della bambino/a (così come anche dei preadolescenti e adolescenti) rappresentino una regressione o non siano in linea con le competenze previste per fase evolutiva, o siano pericolosi per se e per gli altri contattate un professionista* che possa aiutarvi a fare chiarezza ed eventualmente a supportare voi e il vostro bambino in un percorso mirato all’informazione, al supporto e alla ricerca di strategie più funzionali per il bambino a livello comportamentale e per gli adulti che se ne prendono cura.